Compagnia Teatrale El Tanbarelo
Sior Todero Brontolon (scena 2)
SIOR TODERO BRONTOLON (Carlo Goldoni)
Todero non è il nome proprio della persona, e vuol dire Teodoro; Brontolon non è il nome di famiglia di Teodoro, ma un aggettivo che deriva da brontolare, soprannome datogli dalle persone che lo conoscono a fondo, e che mette in ridicolo il suo carattere inquieto, fastidioso, indiscreto.
Come mai un uomo può denominarsi egli stesso del proprio difetto? O come può darsi ad intendere che l'accidente abbia dato ad un uomo un nome e cognome che combini con il suo difetto? In tal caso credo che un tale cambierebbe il nome e sfuggirebbe di mettersi in ridicolo.
Non vi è niente di più fastidioso, di più molesto alla società, di un uomo che brontola sempre; cioè che trova a dire su tutto, che parla con arroganza e si fa odiare da tutti.
Todero in questa commedia non è brontolon solamente, ma avaro e superbo. L'avrei potuto intitolare o il Superbo o l'Avaro; ma visto che la sua superbia consiste solamente nel comandare con durezza ai suoi dipendenti, e la sua avarizia è accompagnata da un taroccare fastidioso, insolente, ho creduto bene d'intitolarlo dal dialetto suo più molesto: il Brontolone.
Tutta la morale di questa commedia consiste nell'esposizione di un carattere odioso affinché se ne correggano quali che si trovano, per loro disgrazia, da questa malattia attaccati.
Qual maggiore disgrazia per un uomo che rendersi l'odio del pubblico, il flagello della famiglia, il ridicolo della servitù? Eppure non è il mio Todero un carattere immaginario. Purtroppo non vi sono al mondo di quelli che lo somigliano. Dio mi guardi da esporre in pubblico il difetto di chi che sia in particolare; ma quando scorgo tal caratteri odiosi, faccio forza a me stesso, e vi vuole tutto quel principio di onestà che mi sono prefisso per risparmiar loro quel ridicolo che si danno da se medesimi.
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